1 ago – 7 set 2020
Workshop online
Dalla fitosociologia al monitoraggio degli Habitat (Dir. 92/43/CEE): specie
caratteristiche, specie diagnostiche, specie tipiche
9 ottobre 2020
Scientific framework
Following the phytosociological approach, diagnostic and characteristic species are the operational units used to describe plant communities. Typical species are used in assessing the conservation status of natural habitats. Although no clear definition (and lists) of typical species exists, the Habitats Directive allows the use of characteristic species (what about diagnostic species?) as typical species as far as they meet certain requirements (Evans & Arvela 2011). Based on such premises, several points of discussion emerge, with the ultimate aim of reaching a consensual definition of typical species:
Mind the gap: From phytosociology to habitat monitoring.
– Are diagnostic and characteristic species informative about structural and functional conservation status of habitats (i.e. can we use them as typical species)?
– Is the use of diagnostic and characteristic species for assessing conservation status dependent on specific habitats?
– Diagnostic, characteristic and typical species: how much do they overlap (conceptually and practically)?
– What about keystone species? Can they be used as typical species?
– Does scale matter for the definition of typical species?
Paper structure
-Intro, Definitions & Critical aspects;
-Hypothesis (e.g. The definition of typical species is more confusing to operators than other definitions);
-Results;
-Sum up & shared point of view of the SISV
Questionario
La compilazione del questionario è anonima. Si dovrà dare una risposta quantitativa a ciascun punto di discussione (evidenziando la risposta scelta) e decidere se argomentare tutti o solo alcuni dei temi trattati, in base ai propri interessi e/o alle proprie competenze, fornendo, laddove possibile, referenze bibliografiche per le posizioni espresse. Inviare questionario compilato entro il 7 settembre alla seguente mail: workshop.sisv2020@gmail.com
– Level of expertise on habitat monitoring
(1-4: No experience; Little experience; Medium experience; Solid experience)
Brief explanation (max 150 words)
– Mind the gap: From phytosociology to habitat monitoring.
– Did you already use the phytosociological method to perform habitat monitoring (Yes/No)
– Do you agree with the use of phytosociological method to perform habitat monitoring (1-5: Strongly agree; Agree; Neither agree nor disagree; Disagree; Strongly disagree)
Brief explanation (max 150 words)
– Are diagnostic and characteristic species informative about structural and functional conservation status of habitats (i.e. can we use them as typical species)?
(1-5: Strongly agree; Agree; Neither agree nor disagree; Disagree; Strongly disagree)
Brief explanation (max 150 words)
– Is the use of diagnostic and characteristic species for assessing conservation status dependent on specific habitats?
(1-5: Strongly agree; Agree; Neither agree nor disagree; Disagree; Strongly disagree)
Brief explanation (max 150 words)
– Diagnostic, characteristic and typical species: how much do they overlap (conceptually and practically)?
(1-3: Strongly, Moderately, Slightly)
Comments (max 150 words) – provide possible examples if any.
– Keystone species. Can keystone species be used as typical species?
(1-5: Strongly agree; Agree; Neither agree nor disagree; Disagree; Strongly disagree)
Brief explanation (max 150 words)
– Does scale matter for the definition of typical species?
(1-5: Strongly agree; Agree; Neither agree nor disagree; Disagree; Strongly disagree)
Brief explanation (max 150 words)
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Workshop online
Dalla fitosociologia al monitoraggio degli Habitat (Dir. 92/43/CEE): specie
caratteristiche, specie diagnostiche, specie tipiche
9 ottobre 2020
Raccolta non-esaustiva di definizioni e bibliografia inerenti i temi del workshop, affinché la discussione prenda spunto da concetti condivisi.
Habitat:
dalla Direttiva Habitat:
“Habitat naturali: zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali.”
Typical species
da Angelini et al. 2016:
“Struttura e funzioni dei tipi di habitat andrebbero monitorati tramite le specie tipiche. La definizione di specie tipica non è esplicitata nella Direttiva, ma è chiaro che dato il loro ruolo esse dovrebbero essere indicatori rappresentativi della qualità dell’habitat. La presenza di una popolazione adeguata della specie tipica individuata dovrebbe quindi rappresentare la conferma che la gestione dell’habitat e/o le importanti funzioni ecologiche si trovano in buono stato di conservazione. Le specie scelte dovrebbero quindi essere indicatori particolarmente reattivi alle variazioni di una specifica funzione o elemento strutturale. Esse dovrebbero essere inoltre abbastanza comuni nella maggior parte dei siti che ospitano l’habitat in questione. Il testo della Direttiva fornisce una definizione del concetto di “specie tipica” e, nel box 3 “Note metodologiche ai protocolli di monitoraggio”, vengono forniti i criteri con i quali sono state selezionate le specie tipiche nelle schede di monitoraggio contenute nel presente volume. Seguendo in maniera formale le indicazioni della Direttiva Habitat (art. 2) le specie tipiche andrebbero monitorate con le stesse metodologie delle specie dell’allegato 2. Tuttavia, data la notevole mole di lavoro che richiederebbe tale tipo di monitoraggio le linee guida europee (Evans & Arvela, 2011) si limitano alla richiesta di un elenco di specie sulle quali si è basata la valutazione della struttura e delle funzioni di un habitat.”
da Evans e Arvela 2011:
“For a habitat type to be considered to have a Favourable Conservation Status the directive requires its structure and functions to be favourable and its ‘typical species’ to be at Favourable Conservation Status.”
“Although the Directive uses the term ‘typical species’ it does not give a definition, either for use in reporting or for use in impact assessments.”
“Typical species for Article 17 reporting should be selected to reflect favourable structure and functions of the habitat type, although it will not be possible to associate species with all aspects of structure and function. Given the variability of the Annex I habitats it is not realistic to have recommended lists of typical species, even for a biogeographical or marine region, indeed even within one country different species may be needed in different parts of the range of a habitat or for different subtypes as shown in Table 4”.
When choosing “typical species” for reporting under Article 17 the following considerations should be taken into account:
● “Typical species” should be good indicators for favourable habitat quality, e.g. by indicating presence of a wider group of species with specific habitat requirements. They should be species only found in the habitat or which are present over a large part of the habitat’s range. They should be sensitive to changes in the condition of the habitat (“early warning indicator species”).
● It should be possible to detect “typical species” by non-destructive and inexpensive means.
● The list of “typical species” chosen for the purpose of assessing conservation status should ideally remain stable over the middle-to long-term.
● Characteristic species of the Interpretation Manual may be used as typical species if they meet the criteria in the above points.
da Angelini et al. 2016 (BOX 3 – “Note metodologiche ai protocolli di monitoraggio” Daniela Gigante, Fabio Attorre, Roberto Venanzoni) :
Specie tipiche. Grazie alla sua centralità nel processo di valutazione, il concetto di specie “tipica” è stato affrontato con grande cautela, mancando un riferimento univoco e robusto nei protocolli sviluppati a livello europeo (Evans & Arvela, 2011). Secondo Dengler et al. (2008), nel metodo fitosociologico vengono riconosciute specie diagnostiche (caratteristiche o differenziali) la cui validità si basa sul concetto di fedeltà. Secondo Biondi (2011), il concetto di specie caratteristiche sviluppato da Braun-Blanquet (1932) deve essere sostituito da quello di specie preferenziali che, nel loro insieme, vanno a costituire il complesso specifico caratteristico di ciascuna comunità vegetale. La definizione di specie preferenziale valorizza le conoscenze acquisite sui processi dinamici, ritenuti fondamentali nello studio delle comunità vegetali (Biondi 2011). L’idea di specie “tipiche” sviluppata da Evans & Arvela (2011), tuttavia, si discosta dalle accezioni proprie della disciplina fitosociologica in quanto più che selezionare specie con valore diagnostico, vuole individuare quelle entità che, oltre ad essere ecologicamente legate all’habitat in questione, possano svolgere il ruolo di indicatori sintetici dello stato di conservazione di tutta la comunità vegetale (per es., le cosiddette “early warning species”, che nella maggior parte dei casi non sono tipiche ma piuttosto indicatrici di alterazioni ambientali). Allo stato attuale delle conoscenze, sarebbe stata poco praticabile (ed anche piuttosto ardita) l’ipotesi di individuare liste esaustive per ciascuno degli habitat noti per l’Italia. Va aggiunto che, in generale, la necessità di indicatori sintetici mal si combina con la grande diversità degli habitat italiani, intrinsecamente caratterizzati da un’ampia variabilità floristica e fitocenotica nelle diverse aree del loro range di distribuzione, data la notevole eterogeneità ambientale del territorio. Rigidi elenchi di specie, per quanto lunghi, dettagliati e ragionati, sarebbero stati inevitabilmente inadeguati e non esaustivi nel cogliere le peculiarità che, a livello di regione biogeografica, ma anche a scala di maggior dettaglio, differenziano gli habitat del territorio italiano anche all’interno di un medesimo codice.
Per questa somma di ragioni, sono state identificate tre tipologie principali di habitat, in base alla struttura e alla ricchezza di specie, e sono stati adottati tre modelli di soluzione: 1) habitat pauci-specifici, chiaramente contraddistinti dalla forte dominanza di una o pochissime specie con ruolo fisionomizzante; in questo caso, assume il ruolo di “tipica” solo la principale, o le poche interessate (spesso presenti già nel nome stesso dell’habitat o nel relativo tipo di vegetazione, come per es. nel caso dell’habitat 3230 Fiumi alpini con vegetazione riparia legnosa a Myricaria germanica); 2) habitat pauci-generici, chiaramente contraddistinti dalla dominanza di un gruppo di specie appartenenti a uno o pochi generi (ad es., 3140 Acque oligomesotrofe calcaree con vegetazione bentica di Chara spp., con i generi Chara e Nitella); in questi casi, sono stati indicati come “tipici” solo i generi principali; 3) habitat poli-specifici (tutti gli altri), più o meno ricchi di specie, ma comunque diversificati nei diversi distretti e settori del territorio italiano; in questi casi, l’intera combinazione floristica deve essere considerata e le eventuali entità con ruolo di “tipiche” devono essere individuate a scala territoriale. In tutti i casi, ma soprattutto nel caso 3, una forte indicazione è stata data nella direzione di prendere in considerazione il contingente floristico complessivo, come il miglior proxy per la valutazione dello stato di conservazione di un habitat.
da https://www.isprambiente.gov.it/files/pubblicazioni/rapporti/rapporto-194/habitat.pdf (4.3.5.3. Struttura e funzioni e specie tipiche)
La valutazione della struttura e delle funzioni di un habitat comprende anche le specie tipiche per l’habitat che sono state individuate tramite selezione da parte degli esperti a partire dal campo “Combinazione fisionomica di riferimento” della versione on-line del manuale italiano di interpretazione degli habitat (Biondi & Blasi, 2009; Biondi, 2013).
Diagnostic and characteristic (preferring) species
da Whittaker 1962
diagnostic species as species linked to a particular plant community, which at the same time distinguish it from other vegetation units.
da Chytrý et al. 2002
The concept of diagnostic species (also called indicator, character or differential species; Whittake 1962, Westoff & Van Der Maarel 1973, Dufrêne & Legendre 1997, Willner 2001, Chytrý et al. 2002) plays a key role in the classification of biotic communities. Diagnostic species can be statistically determined by measuring the fidelity, i.e. the concentration of species occurrence or abundance in relevés belonging to a given vegetation unit, and their corresponding paucity or absence in other units; species that exceed a set fidelity threshold are considered to be diagnostic. Most often, these species are determined a posteriori, i.e., after a classification is created by expert knowledge or by numerical classification methods. Diagnostic species are important namely in field surveys where they help researchers to identify community types established in existing classification systems. Perhaps the most widespread application of the concept of diagnostic species can be found in the field of vegetation classification.
da Poldini e Sburlino 2005
Specie fortemente legate ad un determinato syntaxon, del quale sono indicatrici di una sua ecologia e/o corologia autonoma. Le specie caratteristiche individuano i diversi syntaxa attraverso una loro alta presenza nei rilievi di un determinato syntaxon e la loro assenza o bassa presenza nei rilievi di altri syntaxa. Così definita, la specie caratteristica dovrebbe presentare fedeltà in tutta l’area di distribuzione del syntaxon e il suo areale coincidere con quello del syntaxon [“specie caratteristica generale” sensu Westhoff & Van der Maarel (1973, 1978)], condizione che evidentemente solo di rado si realizza. Come evidenziato dai medesimi autori, le “specie caratteristiche generali” sono per lo più limitate ai ranghi superiori all’associazione; possono fare eccezione in tal senso le associazioni endemiche legate ad ambiti territoriali molto ristretti e quelle proprie di ambienti estremi. La considerazione che una stessa specie si può spesso riscontrare su aree climaticamente e geologicamente eterogenee e la sua valenza ecologica o la sua affinità per una comunità può non essere la stessa in punti diversi del suo areale, ha portato alla formulazione di altre tipologie di specie caratteristiche, in relazione all’estensione geografica del loro valore diagnostico (Braun-Blanquet, 1928, 1964; Mucina, 1993; Westhoff & Van der Maarel, 1973, 1978; ecc.)
da Dengler et al. 2008
Within the Braun-Blanquet approach, the concept of character and differential species is important for the recognition of previously defined syntaxa. Differential species are those that positively differentiate, by their occurrence, the target syntaxon from other syntaxa. Character species are a special case of differential species: they positively differentiate the target syntaxon from all other syntaxa. The differential and character species com- bined are called diagnostic species. The validity of diagnostic species may be restricted to comparisons within the syntaxon of the next higher rank or within a physiognomic vegetation type. Diagnostic species are based on the concept of fidelity, that is, concentration of their occurrence or abundance within the given syntaxon. Traditionally, arbitrary measures of fidelity were used, such as constancy in the target syntaxon had to be at least twice as high as in any other syntaxon. Nowadays, statistical fidelity measures are increasingly used (see the section entitled ‘Numerical approaches’). However, in spite of several attempts at a formal definition of differ- ential and character species, no widely accepted agreement in this respect has been reached so far.
da Biondi 2011
The association is the fundamental unit of synecology’’. This definition was then extended by Braun and Furrer (1913), two researchers who were unknown at that time, by adding the phrase ‘‘. . . and that has one or more characteristic species which are located exclusively or almost exclusively in a particular association.’’ The concept of characteristic species that appears in the universally accepted definition of Braun-Blanquet in 1928 was thus introduced: ‘‘The association defines a vegetal grouping more or less stable and in equilibrium with the environment, characterized by a particular floristic composition, in which some exclusive or almost exclusive elements (characteristic species) reveal with their presence a particular and autonomous ecology’’. […]
‘‘The association defines a system of vegetal organisms with a floristic composition that is statistically repetitive; it has a range of different features such as the structure, the ecological value (significant for different environmental parameters) and the quality of the dynamic and catenal relationships that it has with other communities. Especially pertinent for its definition and identification is the characteristic specific complex, consisting of the preferring plants which are particularly linked to it in statistical terms and that are biogeographically and ecologically differential compared to similar synvicariant or geosynvicariant associations’’.
Within this definition, the concept of ‘‘characteristic species’’ that are exclusive and faithful to an association (as in Braun-Blanquet’s definition from 1928) is no longer considered appropriate and is replaced with that of ‘‘preferring species’’ in statistical and structural terms, or even differential in territorial terms. Indeed, we think that the most important element in the definition of an association is a statistically significant ‘‘characteristic specific composition’’; such compositions may be demonstrated by means of numerical analyses, which have become routine in geobotany laboratories and which can be used to process large amounts of data. It is thus the ‘‘characteristic specific complex’’ that expresses the ‘‘particular and autonomous ecology’’
da Blasi et al. 2011
The article by Biondi (2011) revisits plant sociology’s developments to refine the concept of plant association on the basis of the importance of structure, ecological value and characteristic dynamical and topographical relationships.
Keystone species
da Power et al. 1996
Some species play critical ecological roles that are of greater importance than we would predict from their abundance.
da de Visser et al. 2013
Keystone species are those that have exceptionally large effects on communities and ecosystems through processes such as trophic interactions, habitat modification, and mutualism.
da Primack 2018
A species that has a disproportionate impact (relative to its numbers or biomass) on the organization of a biological community. Loss of a keystone species may have far-reaching consequences for the community.
References
Angelini, P., Casella, L., Grignetti, A., & Genovesi, P. (2016). Manuali per il monitoraggio di specie e habitat di interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE) in Italia: habitat. ISPRA, Serie Manuali e linee guida, 142(2016), 280.
Biondi E., 2011. Phytosociology today: Methodological and conceptual evolution, Plant Biosystems 145 (1): 19-29.
Blasi C., Biondi E. & Izco J. (2011) 100 years of plant sociology: A celebration, Plant Biosystems – An International Journal Dealing with all Aspects of Plant Biology: Official Journal of the Societa Botanica Italiana, 145:sup1, 1-3, DOI: 10.1080/11263504.2011.602865
Chytrý, M., Exner, A., Hrivnák, R., Ujházy, K., Valachovič, M., & Willner, W. (2002). Context-dependence of diagnostic species: A case study of the Central European spruce forests. Folia Geobotanica, 37(4), 403-417.
de Visser, S., Thébault, E., & de Ruiter, P. C. (2013). Ecosystem engineers, keystone species. In Ecological Systems (pp. 59-68). Springer, New York, NY.
Dengler J., Chytrý M., Ewald J., 2008. Phytosociology. In: Jørgensen S.E. & Fath B.D., (Eds.-in-Chief), General Ecology. Vol. 4 of Encyclopedia of Ecology, 5 vols. pp. 2767-2779. Oxford: Elsevier.
Evans, D., & Arvela, M. (2011). Assessment and reporting under Article 17 of the Habitats Directive. Explanatory Notes & Guidelines for the period 2007-2012. European Commission, Brussels.
Poldini, L., & Sburlino, G. (2005). Terminologia fitosociologica essenziale. Fitosociologia, 42(1), 57-69.
Power, M. E., Tilman, D., Estes, J. A., Menge, B. A., Bond, W. J., Mills, L. S., … & Paine, R. T. (1996). Challenges in the quest for keystones: identifying keystone species is difficult—but essential to understanding how loss of species will affect ecosystems. BioScience, 46(8), 609-620.
Primack R., 2018. Essentials of Conservation Biology. 6th ed. Oxford University Press Inc. 601 pp.
Comitato Scientifico
Alicia Teresa Acosta, Marina Allegrezza, Silvia Paola Assini, Simonetta Bagella, Gianmaria Bonari, Marco Caccianiga, Valter Di Cecco, Edy Fantinato, Anna Rita Frattaroli, Daniela Gigante, Lorenzo Lazzaro, Giovanni Rivieccio, Marta Gaia Sperandii, Giulio Tesei, Barbara Valle, Daniele Viciani
SegreteriaSilvia Paola Assini, Valter Di Cecco, Giulio Tesei, Barbara Valle